Corriere dello Sport
Stadio - 17 settembre 1996
di Luciano Bertolani
Il calciatore Ventura, diplomato Isef, bloccato a 28 anni da un'ernia del
disco: carriera finita. Tutto da ricominciare.
Eccola qui la costante della mia vita: sempre
giù a ruzzoloni, dal penultimo gradino. La ferita piú profonda? A Venezia,
quando ho visto andare in fumo mesi di lavoro pazzesco. Quella squadra
eliminó la Fiorentina dalla Coppa Italia, battè la Juve facendo il tutto
esaurito al "Penzo", era la squadra di Vanoli e Cerbone, di Conte e di
Petrachi. Non andò in serie A soltanto per quella sconfitta a tavolino con
l'Acireale, eppure bastò un niente per far saltare tutti gli equilibri. Così
ripartii dalla serie C, scelsi Lecce quasi con rabbia, perchè sentivo che da
lì sarebbe scattata la mia rivincita. Lecce che continua ad avere ai miei
occhi certi incanti che ho conosciuto soltanto a Giarre.
Giarre "profondo Sud". Niente Italsider,
niente code. Niente di niente...
E' proprio quel niente, invece, che mi ha
preso l'anima. Ricordo una passeggiata in mezzo a un agrumeto, vedevo una
marea gialla nel sole, un sole incredibile che inondava il cielo. E io
pensavo che quella era la libertà, perchè vivevo tra gente che mi comunicava
emozioni, che mi accettava per quello che ero. Il calcio? Un codice. Una scorciatoia per l'amicizia. La gente veniva a
salutarmi, dopo l'allenamento, magari soltanto per portarmi ad assaggiare
certe ciliegie straordinarie.
Genovese malinconico-entusiasta incantato
dai profumi della Sicilia. E poi?
E poi faccio un passo indietro, e torno a Genova, ai
miei ventotto anni sampdoriani, alla gavetta con Canali e Giorgis, all'addio
improvviso, dopo l'arrivo di Riccomini. Una persona oltre il muro delle
parole? Paolo Mantovani. Lui le parole le centellinava, eppure ti rimanevano
dentro tutte. C'era feeling, ci si intendeva. Credevo fermamente, ricordo,
di essere un uomo fortunato amavo il calcio e amavo insegnare, e potevo
vivere di queste cose con una dedizione e una passione infinite. I
sacrifici? No, non vengano a raccontarmi palle. Chi riesce a trasformare il
proprio hobby in lavoro è un privilegiato, uno baciato in fronte.
E intanto Rapallo, Spezia, Entella, Centese, Pistoiese, una lunga catena tra
Interregionale e C/2. Nessuna frustrazione?
Il piacere di entrare in campo, il piacere
di entrare in un'aula: questo il solo ricordo.
Giarre le ha Imposto una scelta: addio
scuola.
Definitivamente.
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Gazzetta dello
sport 11 dicembre 2001
Ventura ha
alle spalle una decennale carriera da allenatore, anticipata da una
parentesi piuttosto breve di calcio giocato. Inizia a calciare i suoi primi
palloni all'oratorio, per poi proseguire nelle giovanili della Sampdoria. Ma
non farà una grande carriera come calciatore, arrivando a calcare solo i
campi della serie C e smettendo per un'ernia a 27 anni. Nel frattempo
Ventura, diplomatosi in ragioneria e con in mano il diploma di insegnante di
educazione fisica conseguito all’Istituto Superiore di Educazione Fisica di
Milano, incomincia a lavorare come insegnante nelle scuole medie superiori
di Genova e inizia l’attività di allenatore a soli 29 anni. Una carriera che
lo ha portato da Pistoia a Venezia via Giarre, da Lecce a Cagliari, fino
all'approdo alla Samp, ultima tappa prima dell'avventura friulana.