1540:
L'11 marzo Carlo V, con una lettera da Magonza,
conferisce al Vescovo di Catania, Nicola Maria
Caracciolo, il titolo di Comites Mascalarum e
l'esercizio del mero e misto imperio, ossia della
giurisdizione civile e penale, nel suo territorio.
♦
La superficie della Contea ammonta a circa 89 chilometri
quadrati. Confina ad est con il mare Ionio, ad ovest con
il bosco d’Aci, a sud con il territorio di Aci e a nord
con il territorio di Fiumefreddo.
1550:
Nella Descriptio Siciliae, Filoteo degli Omodei
tratteggia Mascali ed il suo contado: “vi è una villa
o casale chiamato Mascali, quasi Mascar, nome moresco,
quale alcuni (per essere stato questo luogo giardino
delli regi di Sicilia, spagnuoli, aragonesi, e dove
Giovanni d'Aragona, duca di Randazzo e vicario del re
Luigi suo nipote, fondò la chiesa di S. Andrea, nella
quale morì di peste l'anno 1347, l'anno detto della
moria) dal 1348 lo chiamarono Mascaro, quasi più caro
(che mi pare molto convenevole al nome), con la sua
torre di casa Gullo di Catania; luogo molto ameno tra il
bosco nelle radici di Mongibello, con bellissimi
giardini e chiarissime acque, fondato per diporto e
piacere de' regi (…) Da Mascali, verso ponente, più
sotto Mongibello circa un buon miglio, vi è una chiesa
detta di S. Venera, dove zampilla una grossa favara
d'acqua, e vi sono amenissimi giardini. E parimente su
poi, verso la cima di Mongibello, lungi da questa circa
due miglia, in un luogo amenissimo di giocondissimo
aspetto, che mira dolcemente quasi tutto il mar Jonio,
vi è un' abbatia o monastero detto di S. Maria della
Vena per una gran sorgente d'acqua freddissima, che vi
è, quale i Siciliani chiamano la favara, o vena. In
questa chiesa vi è un'immagine di Maria Vergine, dipinta
(come la fama predica) da S. Luca, e quivi ritrovata per
divino miracolo, dove si fa una gran festa alli 8 di
settembre e vi concorre la maggior parte di Val Demona
con gran divozione per li miracoli, che ogni giorno vi
si vedono, lungi da Castiglione circa dieci miglia.Ma
ritornando al nostro camino, nella piana di Mascali vi è
molta cacciagione, e vi sono gran quantità di
francolini, de' quali in Italia non ve ne sono, siccome
in Sicilia non vi sono starne, della cui somiglianza
sono i francolini”.
1558:
Il Vescovo Nicola Maria Caracciolo concede ai mascalesi,
convocati il cinque ottobre nella chiesa di Santa Maria
degli Angeli, dei privilegi in cambio della
valorizzazione del territorio e della corresponsione
della decima parte dei raccolti: "Concede la Sua
Signoria Reverendissima a cui vorrà fare case in detta
terra, lo terreno bastante" e promette “a tutti
l’habitatori della detta Terra non ci fare angarie tanto
delle persone quanto delle bestie”. I 16 capitoli
dell'accordo, letti dal notaio Gerolamo Crisi di
Taormina, disciplinano le norme per l'amministrazione
della Contea (costruzione di case, pascoli, diritti,
gabelle) e del governo civile tramite l’elezione dei
giurati da parte del popolo con una particolare
attenzione per l’alternanza nell’esercizio delle cariche
pubbliche: “ogni anno per consiglio pubblico si
debbono eligere sei persone cittadine e abitatori di
detta terra, li nomi dei quali portarsi scritti a Sua
Signoria Reverendissima (…) ad effetto di signare doi di
quelli e farli la provisione per essere iurati per
l’anno seguente della detta terra per provvedere al bene
commune delli detti cittadini et habitatori e così
successivamente faccia d’anno in anno mutandosi sempre
li detti iurati”.
♦
La Contea sarà, quindi, retta da due giurati, dal baiulo
(baglio), cioè il magistrato e capitano di giustizia con
funzioni fiscali, e dal catapano, responsabile della
verifica dei pesi e delle misure.
♦
Diverse famiglie originarie di Messina ed Acireale si
trasferiscono nel territorio della Contea per usufruire
delle condizioni molto vantaggiose stabilite dal
Vescovo.
♦
Lo storico Tommaso Fazello certifica l’esistenza del
castello di Mascali, luogo regio di antica costruzione,
e la rovina del monastero di S.Andrea: “Il paese ha
una pianura chiamata Mascali, detta così da un
castelletto del medesimo nome, posto a piè del monte
Etna, il quale già molti anni sono, era luogo regio, e
fatto per pigliarvisi spasso, ma anticamente, come
habbiamo già letto né nostri annali, era la Città
d’Etna. Afferma S.Gregorio nel Registro chiamarsi questo
luogo Mascali, e esser nome antico, a suo tempo vi era
un Monastero nel medesimo luogo sotto il titolo di
Sant’Andrea, i vestigi del quale insieme con la Chiesa
si vedono distrutte”.
1561:
Il Vescovo Caracciolo, di ritorno dal concilio di
Trento, viene rapito dal pirata nordafricano Dragut Rays.
La curia sarà costretta a pagare un riscatto di 10.000
scudi per la sua liberazione.
1567:
Il Vescovo Caracciolo lascia in eredità, tra gli altri,
il fondaco “delli giarre”. Si tratta,
probabilmente, di un grande magazzino dove vengono
custodite le decime versate dai coloni stabilitisi nella
Contea. Situato ad una certa distanza dalla strada
consolare, si trova all’interno del fitto bosco
mascalese. Si può ipotizzare che le prime case siano già
sorte attorno al magazzino che dà, quindi, il nome al
borgo. Accanto all’edificio verrà costruita anche una
torre carceraria.
1568:
Il nuovo vescovo-conte è Antonio Faraone.
1569:
Si tiene un rivelo, ossia un censimento con scopi
fiscali della popolazione di Mascali.
1571:
La grande flotta della Lega Santa Cristiana, salpata da
Messina il 16 settembre, costeggia il litorale mascalese
diretta in oriente ove sconfiggerà i musulmani
nell’epica battaglia di Lepanto.
1574:
Lo spagnolo Juan Orozco de Azares, nuovo Vescovo di
Catania, è il terzo vescovo-conte di Mascali; rimarrà in
carica sino al 1576.
1577:
Vincenzo Cutelli è il nuovo Vescovo di Catania e Conte
di Mascali.
1578:
Secondo fonti incerte, vengono costruiti dei magazzini
sul litorale; il nascente paese verrà denominato il
Riposto, cioè il deposito di Mascali. Secondo l'abate
Amico, Riposto era “così denominata perché eran colà
i magazzini ove si ripostavano le decime sulla
produzione che si rendevano al Conte sulle terre di
Mascali”. Le prime abitazioni sorte nei pressi
dell’Anticaglia di S.Giovanni, probabilmente a partire
dal XII secolo, erano delle capanne di paglia usate come
ricovero per i pescatori e, pertanto, il villaggio viene
detto "dei pagliai".
♦
L’architetto regio Camillo Camilliani costruisce una
torre d'avvistamento alla foce del torrente Mangano,
estremo limite meridionale della Contea.
1580:
Come testimoniato dalla data scolpita su una pietra
posta all’interno del tempio, viene edificata una
cappella accanto ai resti di una chiesa precedente,
situata sul litorale mascalese. Al riguardo, nell’opera
“Descrizione della Sicilia”, Camilliani afferma che
presso Mascali "si vedono i vestigi di un tempio
molto antico, che per le sue mura e rovine dimostra
essere stato un meraviglioso edificio; ed oggi vien
dimendato l'anticaglia di S.Giovanni".
1589:
Juan Corrionero è nominato Vescovo di Catania e quindi
conte di Mascali; terrà il vescovado sino al 1592.
1592:
Prospero Rebiba è il nuovo Vescovo di Catania.
1595:
Giovanni Domenico Rebiba è il nuovo Vescovo di Catania.
1600 circa:
Le nuove abitazioni costruite dai coloni ingrandiscono
Le Giarre sino a formare una piccola borgata.
♦
Viene costruita a Riposto una torre di difesa della
costa dalle incursioni dei pirati.
1605:
Juan Ruiz de Villoslada è il nuovo vescovo-conte di
Mascali, rimarrà in carica sino al 1609.
1606:
Lo storico Giuseppe Costanzo, in una descrizione delle
diocesi della Sicilia, scrive che il Vescovo di Messina
“ha la più larga diocese d’ogn’altro prelato di
Sicilia, perochè dalla parte di mezzo giorno comincia
dalla picciola città di Mascari, e dilatandosi per sino
alle pietre alte”.
1609:
Il frate minore Bonaventura Secusio viene nominato
Vescovo di Catania.
1616:
Mascali ottiene l’autorizzazione dal Vescovo di Catania
a costituirsi in Universitas, ossia in centro autonomo
dalla vicina città di Aci, con la quale, in precedenza,
veniva censita.
♦
Il primo rivelo dei beni e delle anime di Mascali
assegna alla Contea una popolazione di 570 persone.
1619:
Il nuovo vescovo-conte di Mascali è lo spagnolo Juan
Torres de Osorio.
1623:
Una epidemia di peste causa diverse vittime anche tra la
popolazione dei borghi di Mascali che, secondo i dati
del nuovo rivelo, ammonta a 489 anime.
1624:
Come leggiamo in una relazione redatta dall’architetto
Vincenzo Maria Russo nel 1815, il nuovo Vescovo di
Catania, Innocenzo Massimo, continua nella concessione
delle terre della Contea a nuovi coloni: “Affinché
poi avessero maggiore sfogo queste Acitane genti
industriose ne’ passati secoli si concessero dalla mensa
vescovile di Catania quasi intiero il territorio di
Mascali, da Mons. Maximo l’anno 1623”. Preponderante
è, infatti, l’immigrazione acese: le terre di Mascali
concesse in licenza sono suddivise in 29 parti delle
quali una viene assegnata ai mascalesi, 21 a coloni
acesi e 7 ad altri forestieri. La Contea, che prima
delle concessioni rendeva 1.000 scudi all’anno, adesso
ne rende 60.000.
♦
La supremazia della componente acese è testimoniata dal
fatto che vengono nominati capitani di giustizia dversi
cittadini “della nazione acitana”. Una conferma
dell’imponenete flusso immigratorio registrato in questo
periodo sarà fornita, nel 1837, anche da Antonio Coppi:
“Maximis Vescovo di Catania sul principio del secolo
XVII concesse in enfiteusi una porzione de’ suoi
latifondi nel lato orientale dell’Etna. In tal guisa,
col tempo crebbe cotanto la popolazione di Mascali,
Giarre e del Riposto e dei vicini villaggi che
attualmente circa 14.000 abitanti vivono colà
agiatamente, ed esportano in ogni anno molti generi e
specialmente acquavite che mandano sino all’America”.
1625:
Il vescovo-conte stipula i primi contratti di enfiteusi
per la concessione delle terre di Mascali, in precedenza
erano state approvate delle semplici licenze.
1626:
Il Tribunale del Real Patrimonio dispone la revoca delle
concessioni operate dal Vescovo Massimo perché prive del
consenso regio, previsto dalla bolla del papa Urbano II
del 1098.
1628:
Il viceré di Sicilia, duca di Albunquerque, impone la
chiusura della causa tra il vescovado di Catania e il
Tribunale del Real Patrimonio confermando l'operato dei
vescovi che avevano concesso numerose licenze sulle
terre del feudo di Mascali e dichiarando il Conte “dominus
temporalis absolutus”.
1629:
Costruzione di una chiesa dedicata alla Natività della
Beata Vergine nel borgo di Tagliaborsa, così denominato
per la presenza dei briganti lungo la strada consolare
per Mascali.
1631:
A Dagala viene costruita un chiesa dedicata alla Vergine
Santissima dell'Immacolata.
1633:
Nella chiesa mascalese di S.Maria degli Angeli inziano
ad essere annotati sui registri parrocchiali i
battesimi, i matrimoni e le sepolture.
1636:
L'opera "Il Mongibello descritto da Pietro Carrera" fa
conoscere il Castagno dei Cento Cavalli sito nella
contrada del Carpineto, nel territorio di S.Alfio; "capace
di ospitare al suo interno 30 cavalli", deve il suo
nome ad una leggenda che colloca la regina Giovanna
D'Aragona sotto le sue folte fronde. La numerazione
generale assegna a Mascali 818 abitanti.
1638:
Dopo cinque anni di sede vacante, Ottavio Banciforte
viene nominato Vescovo di Catania.
1647:
E' attivo il monastero di S.Nicolò a Mascali.
1648:
Martino Leon è il nuovo Vescovo di Catania.
1650:
Marco Antonio Gussio è il nuovo Vescovo di Catania.
Terrà la sede episcopale e la Contea di Mascali per un
decennio.
♦
A Fondo Macchia, lungo la strada consolare tra Messina e
Catania, una locanda dà rifugio ai viandanti che
attraversano il bosco di Mascali.
1651:
Una colata lavica, preceduta da un forte terremoto,
giunge sino a Fondo Macchia, estrema periferia
occidentale di Giarre; dalla Memoria di Agatino Russo
(citata in Giuseppe Recupero) leggiamo che "Nell'anno
1651, nel mese di Febbraro dell'istante anno scappao lo
foco della Montagnia [sic] di Moncibello e pigliò
in diverse parti, cioè alla via di Bronti confinanti con
la via pubblica per tramontana, ed altri confini.
L'altra per tramontana cioè per la via di Mascali
confinanti con lu fundacu di la Macchia, per ponenti con
la via pubblica, e di più s'intrattinni in un fussatu
sul valluni della Macchia, e non si sa da dove uscirà.
Per questo doviamo pregare a Dio nostro Signore che
voglia cessare questa furia infernale".
1652:
Nella Contea vivono 932 persone mentre le abitazioni
sono 288.
1656:
Si succedono, anche nella Contea di Mascali, i miracoli
compiuti dal gesuita Luigi La Nuza (Licata 1591 -
Palermo 1656, sarà dichiarato Venerabile nel 1847 da
Papa Pio IX); le risultanze della causa di
beatificazione forniranno un singolare ritratto di
alcuni abitanti della Contea: “Marina di Bella eodem
die ventisette novembre dell’anno mille sei cento
cinquanta sei, l’ultima Quadragesima, essa si ritrovava
in Mascali sua città, e sentendo per fama che il detto
Padre faceva molti miracoli si rivolse d’andare a
trovarlo per haver la grazia ancor essa di una infermità
di dolore acerbissimo di stommaco, che per molto tempo
l’haveva sì acerbamente tormentata, che la faceva
svenire a morte, e talvota bisognò chiamarci in fretta
il Padre spirituale, et anco l’estrema unzione (…). Il
padre soleva dare alcune corone, colle quali molte
persone havevano ricevuta la grazia ed infatti le diede
una coronella di legno, et essa la ricevette con molta
divozione, e viva fede, er in fatti mettendosi detta
corona sopra lo stommaco le cessò subito il dolore, ed
allora in poi mai più le ritornò”, ed ancora “A
ventisette di novembre mille sei cento sessanta quattro
in Mascali, Antonia Zuppala moglie di Matteo Zappalà
diceva che essa per quindici giorni haveva patito dolori
nel braccio per una caduta, onde non potea filare, né
aggogliarsi il gippone, né troppo moverlo, e sentendo a
ventidue del suddetto mese di novembre mille sei cento
sessantaquattro che il Padre La Nuza con le sue reliquie
faceva molte grazie, pregò al Padre Antonio Roberto, che
glie ne dasse un poco, e ricevendola la pose con fede
nel braccio addolorato, e la notte seguente si pose a
dormire con fede e poi svegliandosi, e sentendosi il
braccio migliorato alzò il braccio e disse O Beato Padre
La Nuza, fatemi la grazia e così dicendo si mise a
maneggiare il braccio, e s’intese talmente migliorata,
che fa tutti gli esercizii di cucire etc. et io la vidi
filare in pubblico, e credo ciò essere stata grazia del
Padre La Nuza onde havuta la grazia disse cinque Pater,
e cinque Ave al Padre La Nuza per rendimento di grazia”
(Sacre Rituum Congregatione). Ed ancora in Michele
Frazzetta: “Alla fama di prodigij del Padre Luigi,
Marina di Bella, corse dalla Terre di Mascari, sino alla
città di Jaci per desiderio d’essere liberata da un
acerbissimo strazio di viscere, che spesso la riduceva a
termine di morire e l’obbligava a chiedere gli estremi
sagramenti: or costei sotto pretesto di devozione
dimandò e ottenne dal Padre una picciola corona di
legno, e la corona non solo rimediò per sempre al suo
male, ma (…) in ogni granello si faceva conoscere
benefica a tutti gli infermi e superiore a qualunque
forza di male. (…) Si come pure in Mascali, una donna
chiamata Agata Christaldo a cui il mettersi in parto era
un mettersi a morte (…) onde per impetrarle aiuto (…)
produceva in tal bisogno il marito, morto che fu il
Padre Luigi e impetrato un pezzetto delle sue vesti, con
questo solo si stimò sicura nei parti, né provò mai più
quegli spasimi e dolori che la mettevano in pericolo
della vita (…). Un terrazzano di Mascali havea lungo
tempo (…) ingiustamente calunniato il figliuolo d’un
onorato cittadino di Jaci (…) onde l’offeso stava tutto
col pensiero rivolto alla vendetta: ravvedutosi il
mascalese del fallo, lo confessò quasi in pubblico al
Padre Luigi, pregandolo di interporsi per lo perdono”.
1661:
Camillo Astaldi-Pamphilj è il nuovo vescovo di Catania.
1665:
Michelangelo Bonadies, nato a Sambuca di Sicilia ma di
origine spagnola, è il nuovo vescovo-conte di Mascali;
terrà la sede vescovile sino al 1686, introducendo a
Giarre il culto di S.Isidoro Agricola, santo spagnolo
protettore dei contadini, canonizzato nel 1622.
1669:
Tra l'otto e l'undici di marzo, diverse scosse di
terremoto colpiscono i casali della Contea.
1676:
Il 18 luglio alcune imbarcazioni locali vengono
assaltate dalle navi francesi: “mentre barche paesane
attendevano alla pesca delle sardine, presso Mascali,
venivano investire, ad ore quattro di notte, da una
feluca di francesi e messinesi”. Lo scontro si
conclude con la morte di un pescatore mascalese.
1677:
Nel corso della guerra franco-spagnola per la conquista
della Sicilia, l'esercito francese comandato da Vivonne,
forte di 10.000 soldati, occupa Taormina e Mascali, come
narra Gioacchino di Marzo: “I francesi (…) si
portarono con sedici galere e con molti vascelli, e
sbarcarono le loro soldatesche, giunte coi messinesi,
nella piana di Mascali, e col cannone delle galere
spalleggiando i loro, posero qualche quantità di
bestiami, e poi si diedero a saccheggiar quel poco che
vi trovarono nel litorale, e a dar il sacco al detto
casale di Mascali”. Il borgo, abbandonato dagli
abitanti fuggiti nei boschi etnei, è attraversato
dall'armata nemica. “Gli abitanti di questa città,
temendo l'approccio dei nemici, abbandonarono le loro
case e se ne fuggirono nel folto bosco del Mongibello di
modo che le galee, non trovando resistenze ivi si
fermarono, dove anche giunsero le soldatesche spedite
presso Taormina” (di Blasi).”Il commodo esercito,
che inoltratosi nella pianura di Mascali, occupò la
terra di questo nome, la quale non havendo altra difesa,
che le paludi, che le stanno all’intorno, fu prima
d’arrivare i francesi abbandonata dagli abitanti, li
quali si ritirarono nel bosco quivi vicino (…). Ma
quando s’avvicinarono al bosco per traghettarlo, ed
andare all’acquisto della terra di Aci, fu tale
l’opposizione che ritrovarono, che stimarono saluteo
consiglio d’abbandonare il pensiero” (Parrino).
Diverse operazioni militari e scontri si succedono
nella piana di Mascali: di uno di questi viene data
notizia sul Corriere Ordinario Imperiale, datato Vienna
8 ottobre 1677: “Lettere in questa settimana
pervenute da Napoli raccontano l’avvisato successo nella
piana di Mascari, asserendo che andate alcune truppe
francesi per disloggiare dal posto di Belvedere [Piedimonte
Etneo] due Sergenti Maggiori, le riuscì
d’impadronirsene con la prigionia d’uno di quelli due
Capitani spagnuoli & d’un milanese, e perdita di 87
soldati, ma anco con qualche danno de’ Francesi,
essendovi morto un Tenente Colonnello, ch’andò per capo
di quella fattione”. Lo scontro tra i francesi e gli
spagnoli si tiene il 25 settembre nei pressi
dell’odierna S.Leonardello, borgo a sud di Giarre. Qui
le milizie volontarie acesi e gli spagnoli del generale
Bragamonte, forte di 6.000 fanti e cavalieri, dopo un
breve scontro, respingono gli invasori. Al riguardo,
Antonio Patanè racconta che: "alcuni battaglioni di
cavalleria francese cercarono di forzare le linee
nemiche proprio nei dintorni della collinetta di
S.Leonardello. La reazione delle milizie spagnole e
soprattutto di quelle acesi, che formavano
l'avanguardia, fu ferma e decisa, per cui dopo breve, ma
aspro e sanguinoso scontro i francesi lasciarono
parecchi morti sul campo e furono costretti a ritirarsi
precipitosamente". Prosegue il di Blasi, “era già
arrivato l'autunno in cui l'aere, per l'acque che vi
scorrono, diviene cattivo, nascendo le dette acque dalle
nevi del Mongibello che si dileguano. Attaccossi perciò
all'esercito francese un epidemico morbo che trasse a
morte più di mille e cinquecento soldati e rese gli
altri inetti al servizio militare. Laonde il duce di
Vivonne per non perdere il resto delle soldatesche si
determinò a richiamarli a Messina". Giovanni
Battista Caruso precisa che l’epidemia che stermina i
francesi è dovuta alle carenti condizioni igieniche ed
alla cattiva alimentazione delle milizie: “era allora
la stagione assai calda, onde per tal cagione
accresciuta l’insalubrità dell’aere nella pianura di
Mascali, cominciò a scoprirsi nel campo francese una
epidemia, che si andò ogn’ora più dilatando, e si
accrebbe maggiormente per aversi l’ammalati cibato prima
di uva ancora immatura, la quale cresce in abbondanza in
quel fertilissimo paese: restandovi dunque estinti circa
1500 francesi, infermi la più gran parte de loro
officiali, e ‘l rimanente dell’esercito languido, e
senza vigore, risolvette il Vivonne di ritirarsi in
Messina, ove continuarono le malattie, si fè conto che
perisse in quella spedizione quasi il terzo delle sue
truppe”. Domenico Antonio Parrino conclude
raccontando che oltre il “gran numero di soldati
fuggiti, ed estinti dal ferro, furono tanti gli altri,
che uccise l’infermità cagionata dalla malignità di
quell’aria, e molto più dall’uso delle acque poco
salubri e dell’uve immature, che per mancanza di miglior
cibo convenne loro inghiottire, che l’esercito francese
rientrò in Messina con molte migliaia d’huomini meno di
quei che n’erano usciti. Anzi la maggior parte di coloro
che rimasero in vita empierono gli spedali e sepolcri di
questa stessa città”. Durante la precipitosa
rotta dell’armata francese, “tutte le campagne
[restarono] piene de’ loro cadaveri in Taormina, e
tutte quelle spiagge in Mascali, ricettacoli di soldati
estinti, che per sottrarsi dalle miserie incontravano
volentieri come rimedio la morte” (Strada). Il 14
novembre il re di Spagna riceve a Madrid un dispaccio
del suo esercito in Sicilia che lo informa del ritiro
dei francesi dal Piano di Mascali.