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Storia di Giarre e della Contea di Mascali

 

La Contea di Mascali

   

“La nuova superba comparsa, che fa Mongibello riguardandosi dalla parte d’Oriente, ed in particolare dalla spiaggia di Mascali, dovrebbe rappresentarsi piuttosto con vivi finissimi colori da pintor che con esemplo pinga (Dante. Purg. Can. XXXII); giacchè la più spiritosa  eloquenza non potrà mai lavorare una descrizione degna di questa veduta così singolare e dilettevole”.

Giuseppe Recupero, 1815

 
     

1540: L'11 marzo Carlo V, con una lettera da Magonza, conferisce al Vescovo di Catania, Nicola Maria Caracciolo, il titolo di Comites Mascalarum e l'esercizio del mero e misto imperio, ossia della giurisdizione civile e penale, nel suo territorio. La superficie della Contea ammonta a circa 89 chilometri quadrati. Confina ad est con il mare Ionio, ad ovest con il bosco d’Aci, a sud con il territorio di Aci e a nord con il territorio di Fiumefreddo.

1550: Nella Descriptio Siciliae, Filoteo degli Omodei tratteggia Mascali ed il suo contado: “vi è una villa o casale chiamato Mascali, quasi Mascar, nome moresco, quale alcuni (per essere stato questo luogo giardino delli regi di Sicilia, spagnuoli, aragonesi, e dove Giovanni d'Aragona, duca di Randazzo e vicario del re Luigi suo nipote, fondò la chiesa di S. Andrea, nella quale morì di peste l'anno 1347, l'anno detto della moria) dal 1348 lo chiamarono Mascaro, quasi più caro (che mi pare molto convenevole al nome), con la sua torre di casa Gullo di Catania; luogo molto ameno tra il bosco nelle radici di Mongibello, con bellissimi giardini e chiarissime acque, fondato per diporto e piacere de' regi (…) Da Mascali, verso ponente, più sotto Mongibello circa un buon miglio, vi è una chiesa detta di S. Venera, dove zampilla una grossa favara d'acqua, e vi sono amenissimi giardini. E parimente su poi, verso la cima di Mongibello, lungi da questa circa due miglia, in un luogo amenissimo di giocondissimo aspetto, che mira dolcemente quasi tutto il mar Jonio, vi è un' abbatia o monastero detto di S. Maria della Vena per una gran sorgente d'acqua freddissima, che vi è, quale i Siciliani chiamano la favara, o vena. In questa chiesa vi è un'immagine di Maria Vergine, dipinta (come la fama predica) da S. Luca, e quivi ritrovata per divino miracolo, dove si fa una gran festa alli 8 di settembre e vi concorre la maggior parte di Val Demona con gran divozione per li miracoli, che ogni giorno vi si vedono, lungi da Castiglione circa dieci miglia.Ma ritornando al nostro camino, nella piana di Mascali vi è molta cacciagione, e vi sono gran quantità di francolini, de' quali in Italia non ve ne sono, siccome in Sicilia non vi sono starne, della cui somiglianza sono i francolini”.

1558: Il Vescovo Nicola Maria Caracciolo concede ai mascalesi, convocati il cinque ottobre nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, dei privilegi in cambio della valorizzazione del territorio e della corresponsione della decima parte dei raccolti: "Concede la Sua Signoria Reverendissima a cui vorrà fare case in detta terra, lo terreno bastante" e promette “a tutti l’habitatori della detta Terra non ci fare angarie tanto delle persone quanto delle bestie”. I 16 capitoli dell'accordo, letti dal notaio Gerolamo Crisi di Taormina, disciplinano le norme per l'amministrazione della Contea (costruzione di case, pascoli, diritti, gabelle) e del governo civile tramite l’elezione dei giurati da parte del popolo con una particolare attenzione per l’alternanza nell’esercizio delle cariche pubbliche: “ogni anno per consiglio pubblico si debbono eligere sei persone cittadine e abitatori di detta terra, li nomi dei quali portarsi scritti a Sua Signoria Reverendissima (…) ad effetto di signare doi di quelli e farli la provisione per essere iurati per l’anno seguente della detta terra per provvedere al bene commune delli detti cittadini et habitatori e così successivamente faccia d’anno in anno mutandosi sempre li detti iurati”. La Contea sarà, quindi, retta da due giurati, dal baiulo (baglio), cioè il magistrato e capitano di giustizia con funzioni fiscali, e dal catapano, responsabile della verifica dei pesi e delle misure. Diverse famiglie originarie di Messina ed Acireale si trasferiscono nel territorio della Contea per usufruire delle condizioni molto vantaggiose stabilite dal Vescovo. Lo storico Tommaso Fazello certifica l’esistenza del castello di Mascali, luogo regio di antica costruzione, e la rovina del monastero di S.Andrea: “Il paese ha una pianura chiamata Mascali, detta così da un castelletto del medesimo nome, posto a piè del monte Etna, il quale già molti anni sono, era luogo regio, e fatto per pigliarvisi spasso, ma anticamente, come habbiamo già letto né nostri annali, era la Città d’Etna. Afferma S.Gregorio nel Registro chiamarsi questo luogo Mascali, e esser nome antico, a suo tempo vi era un Monastero nel medesimo luogo sotto il titolo di Sant’Andrea, i vestigi del quale insieme con la Chiesa si vedono distrutte”.

1561: Il Vescovo Caracciolo, di ritorno dal concilio di Trento, viene rapito dal pirata nordafricano Dragut Rays. La curia sarà costretta a pagare un riscatto di 10.000 scudi per la sua liberazione.

1567: Il Vescovo Caracciolo lascia in eredità, tra gli altri, il fondaco “delli giarre”. Si tratta, probabilmente, di un grande magazzino dove vengono custodite le decime versate dai coloni stabilitisi nella Contea. Situato ad una certa distanza dalla strada consolare, si trova all’interno del fitto bosco mascalese. Si può ipotizzare che le prime case siano già sorte attorno al magazzino che dà, quindi, il nome al borgo. Accanto all’edificio verrà costruita anche una torre carceraria.

1568: Il nuovo vescovo-conte è Antonio Faraone.

1569: Si tiene un rivelo, ossia un censimento con scopi fiscali della popolazione di Mascali.

1571: La grande flotta della Lega Santa Cristiana, salpata da Messina il 16 settembre, costeggia il litorale mascalese diretta in oriente ove sconfiggerà i musulmani nell’epica battaglia di Lepanto.

1574: Lo spagnolo Juan Orozco de Azares, nuovo Vescovo di Catania, è il terzo vescovo-conte di Mascali; rimarrà in carica sino al 1576.

1577: Vincenzo Cutelli è il nuovo Vescovo di Catania e Conte di Mascali.

1578: Secondo fonti incerte, vengono costruiti dei magazzini sul litorale; il nascente paese verrà denominato il Riposto, cioè il deposito di Mascali. Secondo l'abate Amico, Riposto era “così denominata perché eran colà i magazzini ove si ripostavano le decime sulla produzione che si rendevano al Conte sulle terre di Mascali”. Le prime abitazioni sorte nei pressi dell’Anticaglia di S.Giovanni, probabilmente a partire dal XII secolo, erano delle capanne di paglia usate come ricovero per i pescatori e, pertanto, il villaggio viene detto "dei pagliai". L’architetto regio Camillo Camilliani costruisce una torre d'avvistamento alla foce del torrente Mangano, estremo limite meridionale della Contea.

1580: Come testimoniato dalla data scolpita su una pietra posta all’interno del tempio, viene edificata una cappella accanto ai resti di una chiesa precedente, situata sul litorale mascalese. Al riguardo, nell’opera “Descrizione della Sicilia”, Camilliani afferma che presso Mascali "si vedono i vestigi di un tempio molto antico, che per le sue mura e rovine dimostra essere stato un meraviglioso edificio; ed oggi vien dimendato l'anticaglia di S.Giovanni".

1589: Juan Corrionero è nominato Vescovo di Catania e quindi conte di Mascali; terrà il vescovado sino al 1592.

1592: Prospero Rebiba è il nuovo Vescovo di Catania.

1595: Giovanni Domenico Rebiba è il nuovo Vescovo di Catania.

1600 circa: Le nuove abitazioni costruite dai coloni ingrandiscono Le Giarre sino a formare una piccola borgata. Viene costruita a Riposto una torre di difesa della costa dalle incursioni dei pirati.

1605: Juan Ruiz de Villoslada è il nuovo vescovo-conte di Mascali, rimarrà in carica sino al 1609.

1606: Lo storico Giuseppe Costanzo, in una descrizione delle diocesi della Sicilia, scrive che il Vescovo di Messina ha la più larga diocese d’ogn’altro prelato di Sicilia, perochè dalla parte di mezzo giorno comincia dalla picciola città di Mascari, e dilatandosi per sino alle pietre alte”.

1609: Il frate minore Bonaventura Secusio viene nominato Vescovo di Catania.

1616: Mascali ottiene l’autorizzazione dal Vescovo di Catania a costituirsi in Universitas, ossia in centro autonomo dalla vicina città di Aci, con la quale, in precedenza, veniva censita. Il primo rivelo dei beni e delle anime di Mascali assegna alla Contea una popolazione di 570 persone.

1619: Il nuovo vescovo-conte di Mascali è lo spagnolo Juan Torres de Osorio.

1623: Una epidemia di peste causa diverse vittime anche tra la popolazione dei borghi di Mascali che, secondo i dati del nuovo rivelo, ammonta a 489 anime.

1624: Come leggiamo in una relazione redatta dall’architetto Vincenzo Maria Russo nel 1815, il nuovo Vescovo di Catania, Innocenzo Massimo, continua nella concessione delle terre della Contea a nuovi coloni: “Affinché poi avessero maggiore sfogo queste Acitane genti industriose ne’ passati secoli si concessero dalla mensa vescovile di Catania quasi intiero il territorio di Mascali, da Mons. Maximo l’anno 1623”. Preponderante è, infatti, l’immigrazione acese: le terre di Mascali concesse in licenza sono suddivise in 29 parti delle quali una viene assegnata ai mascalesi, 21 a coloni acesi e 7 ad altri forestieri. La Contea, che prima delle concessioni rendeva 1.000 scudi all’anno, adesso ne rende 60.000. La supremazia della componente acese è testimoniata dal fatto che vengono nominati capitani di giustizia dversi cittadini “della nazione acitana”. Una conferma dell’imponenete flusso immigratorio registrato in questo periodo sarà fornita, nel 1837, anche da Antonio Coppi: “Maximis Vescovo di Catania sul principio del secolo XVII concesse in enfiteusi una porzione de’ suoi latifondi nel lato orientale dell’Etna. In tal guisa, col tempo crebbe cotanto la popolazione di Mascali, Giarre e del Riposto e dei vicini villaggi che attualmente circa 14.000 abitanti vivono colà agiatamente, ed esportano in ogni anno molti generi e specialmente acquavite che mandano sino all’America”.

1625: Il vescovo-conte stipula i primi contratti di enfiteusi per la concessione delle terre di Mascali, in precedenza erano state approvate delle semplici licenze.

1626: Il Tribunale del Real Patrimonio dispone la revoca delle concessioni operate dal Vescovo Massimo perché prive del consenso regio, previsto dalla bolla del papa Urbano II del 1098.

1628: Il viceré di Sicilia, duca di Albunquerque, impone la chiusura della causa tra il vescovado di Catania e il Tribunale del Real Patrimonio confermando l'operato dei vescovi che avevano concesso numerose licenze sulle terre del feudo di Mascali e dichiarando il Conte “dominus temporalis absolutus”.

1629: Costruzione di una chiesa dedicata alla Natività della Beata Vergine nel borgo di Tagliaborsa, così denominato per la presenza dei briganti lungo la strada consolare per Mascali.

1631: A Dagala viene costruita un chiesa dedicata alla Vergine Santissima dell'Immacolata.

1633: Nella chiesa mascalese di S.Maria degli Angeli inziano ad essere annotati sui registri parrocchiali i battesimi, i matrimoni e le sepolture.

1636: L'opera "Il Mongibello descritto da Pietro Carrera" fa conoscere il Castagno dei Cento Cavalli sito nella contrada del Carpineto, nel territorio di S.Alfio; "capace di ospitare al suo interno 30 cavalli", deve il suo nome ad una leggenda che colloca la regina Giovanna D'Aragona sotto le sue folte fronde. La numerazione generale assegna a Mascali 818 abitanti.

1638: Dopo cinque anni di sede vacante, Ottavio Banciforte viene nominato Vescovo di Catania.

1647: E' attivo il monastero di S.Nicolò a Mascali.

1648: Martino Leon è il nuovo Vescovo di Catania.

1650: Marco Antonio Gussio è il nuovo Vescovo di Catania. Terrà la sede episcopale e la Contea di Mascali per un decennio. A Fondo Macchia, lungo la strada consolare tra Messina e Catania, una locanda dà rifugio ai viandanti che attraversano il bosco di Mascali.

1651: Una colata lavica, preceduta da un forte terremoto, giunge sino a Fondo Macchia, estrema periferia occidentale di Giarre; dalla Memoria di Agatino Russo (citata in Giuseppe Recupero) leggiamo che "Nell'anno 1651, nel mese di Febbraro dell'istante anno scappao lo foco della Montagnia [sic] di Moncibello e pigliò in diverse parti, cioè alla via di Bronti confinanti con la via pubblica per tramontana, ed altri confini. L'altra per tramontana cioè per la via di Mascali confinanti con lu fundacu di la Macchia, per ponenti con la via pubblica, e di più s'intrattinni in un fussatu sul valluni della Macchia, e non si sa da dove uscirà. Per questo doviamo pregare a Dio nostro Signore che voglia cessare questa furia infernale".

1652: Nella Contea vivono 932 persone mentre le abitazioni sono 288.

1656: Si succedono, anche nella Contea di Mascali, i miracoli compiuti dal gesuita Luigi La Nuza (Licata 1591 - Palermo 1656,  sarà dichiarato Venerabile nel 1847 da Papa Pio IX); le risultanze della causa di beatificazione forniranno un singolare ritratto di alcuni abitanti della Contea: “Marina di Bella eodem die ventisette novembre dell’anno mille sei cento cinquanta sei, l’ultima Quadragesima, essa si ritrovava in Mascali sua città, e sentendo per fama che il detto Padre faceva molti miracoli si rivolse d’andare a trovarlo per haver la grazia ancor essa di una infermità di dolore acerbissimo di stommaco, che per molto tempo l’haveva sì acerbamente tormentata, che la faceva svenire a morte, e talvota bisognò chiamarci in fretta il Padre spirituale, et anco l’estrema unzione (…). Il padre soleva dare alcune corone, colle quali molte persone havevano ricevuta la grazia ed infatti le diede una coronella di legno, et essa la ricevette con molta divozione, e viva fede, er in fatti mettendosi detta corona sopra lo stommaco le cessò subito il dolore, ed allora in poi mai più le ritornò”, ed ancora “A ventisette di novembre mille sei cento sessanta quattro in Mascali, Antonia Zuppala moglie di Matteo Zappalà diceva che essa per quindici giorni haveva patito dolori nel braccio per una caduta, onde non potea filare, né aggogliarsi il gippone, né troppo moverlo, e sentendo a ventidue del suddetto mese di novembre mille sei cento sessantaquattro che il Padre La Nuza con le sue reliquie faceva molte grazie, pregò al Padre Antonio Roberto, che glie ne dasse un poco, e ricevendola la pose con fede nel braccio addolorato, e la notte seguente si pose a dormire con fede e poi svegliandosi, e sentendosi il braccio migliorato alzò il braccio e disse O Beato Padre La Nuza, fatemi la grazia e così dicendo si mise a maneggiare il braccio, e s’intese talmente migliorata, che fa tutti gli esercizii di cucire etc. et io la vidi filare in pubblico, e credo ciò essere stata grazia del Padre La Nuza onde havuta la grazia disse cinque Pater, e cinque Ave al Padre La Nuza per rendimento di grazia” (Sacre Rituum Congregatione). Ed ancora in Michele Frazzetta: “Alla fama di prodigij del Padre Luigi, Marina di Bella, corse dalla Terre di Mascari, sino alla città di Jaci per desiderio d’essere liberata da un acerbissimo strazio di viscere, che spesso la riduceva a termine di morire e l’obbligava a chiedere gli estremi sagramenti: or costei sotto pretesto di devozione dimandò e ottenne dal Padre una picciola corona di legno, e la corona non solo rimediò per sempre al suo male, ma (…) in ogni granello si faceva conoscere benefica a tutti gli infermi e superiore a qualunque forza di male. (…) Si come pure in Mascali, una donna chiamata Agata Christaldo a cui il mettersi in parto era un mettersi a morte (…) onde per impetrarle aiuto (…) produceva in tal bisogno il marito, morto che fu il Padre Luigi e impetrato un pezzetto delle sue vesti, con questo solo si stimò sicura nei parti, né provò mai più quegli spasimi e dolori che la mettevano in pericolo della vita (…). Un terrazzano di Mascali havea lungo tempo (…) ingiustamente calunniato il figliuolo d’un onorato cittadino di Jaci (…) onde l’offeso stava tutto col pensiero rivolto alla vendetta: ravvedutosi il mascalese del fallo, lo confessò quasi in pubblico al Padre Luigi, pregandolo di interporsi per lo perdono”.

1661: Camillo Astaldi-Pamphilj è il nuovo vescovo di Catania.

1665: Michelangelo Bonadies, nato a Sambuca di Sicilia ma di origine spagnola, è il nuovo vescovo-conte di Mascali; terrà la sede vescovile sino al 1686, introducendo a Giarre il culto di S.Isidoro Agricola, santo spagnolo protettore dei contadini, canonizzato nel 1622.

1669: Tra l'otto e l'undici di marzo, diverse scosse di terremoto colpiscono i casali della Contea.

1676: Il 18 luglio alcune imbarcazioni locali vengono assaltate dalle navi francesi: “mentre barche paesane attendevano alla pesca delle sardine, presso Mascali, venivano investire, ad ore quattro di notte, da una feluca di francesi e messinesi”. Lo scontro si conclude con la morte di un pescatore mascalese.

1677: Nel corso della guerra franco-spagnola per la conquista della Sicilia, l'esercito francese comandato da Vivonne, forte di 10.000 soldati, occupa Taormina e Mascali, come narra Gioacchino di Marzo: “I francesi (…) si portarono con sedici galere e con molti vascelli, e sbarcarono le loro soldatesche, giunte coi messinesi, nella piana di Mascali, e col cannone delle galere spalleggiando i loro, posero qualche quantità di bestiami, e poi si diedero a saccheggiar quel poco che vi trovarono nel litorale, e a dar il sacco al detto casale di Mascali”. Il borgo, abbandonato dagli abitanti fuggiti nei boschi etnei, è attraversato dall'armata nemica. “Gli abitanti di questa città, temendo l'approccio dei nemici, abbandonarono le loro case e se ne fuggirono nel folto bosco del Mongibello di modo che le galee, non trovando resistenze ivi si fermarono, dove anche giunsero le soldatesche spedite presso Taormina” (di Blasi).”Il commodo esercito, che inoltratosi nella pianura di Mascali, occupò la terra di questo nome, la quale non havendo altra difesa, che le paludi, che le stanno all’intorno, fu prima d’arrivare i francesi abbandonata dagli abitanti, li quali si ritirarono nel bosco quivi vicino (…). Ma quando s’avvicinarono al bosco per traghettarlo, ed andare all’acquisto della terra di Aci, fu tale l’opposizione che ritrovarono, che stimarono saluteo consiglio d’abbandonare il pensiero” (Parrino). Diverse operazioni militari e scontri si succedono nella piana di Mascali: di uno di questi viene data notizia sul Corriere Ordinario Imperiale, datato Vienna 8 ottobre 1677: “Lettere in questa settimana pervenute da Napoli raccontano l’avvisato successo nella piana di Mascari, asserendo che andate alcune truppe francesi per disloggiare dal posto di Belvedere [Piedimonte Etneo] due Sergenti Maggiori, le riuscì d’impadronirsene con la prigionia d’uno di quelli due Capitani spagnuoli & d’un milanese, e perdita di 87 soldati, ma anco con qualche danno de’ Francesi, essendovi morto un Tenente Colonnello, ch’andò per capo di quella fattione”. Lo scontro tra i francesi e gli spagnoli si tiene il 25 settembre nei pressi dell’odierna S.Leonardello, borgo a sud di Giarre. Qui le milizie volontarie acesi e gli spagnoli del generale Bragamonte, forte di 6.000 fanti e cavalieri, dopo un breve scontro, respingono gli invasori. Al riguardo, Antonio Patanè racconta che: "alcuni battaglioni di cavalleria francese cercarono di forzare le linee nemiche proprio nei dintorni della collinetta di S.Leonardello. La reazione delle milizie spagnole e soprattutto di quelle acesi, che formavano l'avanguardia, fu ferma e decisa, per cui dopo breve, ma aspro e sanguinoso scontro i francesi lasciarono parecchi morti sul campo e furono costretti a ritirarsi precipitosamente". Prosegue il di Blasi, “era già arrivato l'autunno in cui l'aere, per l'acque che vi scorrono, diviene cattivo, nascendo le dette acque dalle nevi del Mongibello che si dileguano. Attaccossi perciò all'esercito francese un epidemico morbo che trasse a morte più di mille e cinquecento soldati e rese gli altri inetti al servizio militare. Laonde il duce di Vivonne per non perdere il resto delle soldatesche si determinò a richiamarli a Messina". Giovanni Battista Caruso precisa che l’epidemia che stermina i francesi è dovuta alle carenti condizioni igieniche ed alla cattiva alimentazione delle milizie: “era allora la stagione assai calda, onde per tal cagione accresciuta l’insalubrità dell’aere nella pianura di Mascali, cominciò a scoprirsi nel campo francese una epidemia, che si andò ogn’ora più dilatando, e si accrebbe maggiormente per aversi l’ammalati cibato prima di uva ancora immatura, la quale cresce in abbondanza in quel fertilissimo paese: restandovi dunque estinti circa 1500 francesi, infermi la più gran parte de loro officiali, e ‘l rimanente dell’esercito languido, e senza vigore, risolvette il Vivonne di ritirarsi in Messina, ove continuarono le malattie, si fè conto che perisse in quella spedizione quasi il terzo delle sue truppe”. Domenico Antonio Parrino conclude raccontando che oltre il “gran numero di soldati fuggiti, ed estinti dal ferro, furono tanti gli altri, che uccise l’infermità cagionata dalla malignità di quell’aria, e molto più dall’uso delle acque poco salubri e dell’uve immature, che per mancanza di miglior cibo convenne loro inghiottire, che l’esercito francese rientrò in Messina con molte migliaia d’huomini meno di quei che n’erano usciti. Anzi la maggior parte di coloro che rimasero in vita empierono gli spedali e sepolcri di questa stessa città”. Durante la precipitosa rotta dell’armata francese, “tutte le campagne [restarono] piene de’ loro cadaveri in Taormina, e tutte quelle spiagge in Mascali, ricettacoli di soldati estinti, che per sottrarsi dalle miserie incontravano volentieri come rimedio la morte” (Strada). Il 14 novembre il re di Spagna riceve a Madrid un dispaccio del suo esercito in Sicilia che lo informa del ritiro dei francesi dal Piano di Mascali.

 

 
   
 
 

 

 
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